Omelia del Vescovo in occasione della Veglia di Pentecoste
Luni, 26 maggio 2012

 

   

    Abbiamo conosciuto Gesù, ci siamo lasciati illuminare dalla sua Parola. Non abbiamo capito tutto, ma una cosa l’abbiamo capita: tu solo, Signore, hai parole di vita eterna.


    Un mondo che ha cercato vie sue di progresso e di salvezza, ha rinunciato a te… e l’uomo si è trovato senza meta, in un strada sconosciuta. Lontano da te ha smarrito anche il senso di sé, non sa più chi è. Si guarda intorno e non capisce, l’altro diventa concorrente, se non nemico; non ha più il senso delle sue avventure.


    La tua Parola illumina. Il tuo Spirito ci guida.


    Siamo qui e invochiamo il dono del tuo Spirito, Signore.

    Vieni, o Spirito creatore, riempi i nostri cuori, le nostre menti, della tua pace.


    Siamo qui per ricordare la nostra storia, i santi che l’hanno percorsa, chiedere il loro aiuto guardando alla loro testimonianza.

    A cominciare da Paolo, che sperimenta la chiusura dei sapienti di questo mondo, all’Areopago di Atene (cfr. At 17, 16-34). Convinti di conoscere tutto, incapaci di credere ad un annuncio che non rientra nei loro schemi. Il perché non lo sanno, ma non vogliono neppure sentirne parlare; atteggiamento non raro, neppure oggi: una presunzione che lascia delusi quando la fuga non basta ad evitare quanto ti interpella.

    L’Apostolo sperimenta l’affetto, l’entusiasmo della comunità di Efeso: lì dona il meglio di sé. Sente tutto il peso della sua storia di persecutore dei discepoli di Gesù e pone ogni risorsa al servizio del Vangelo, perché altri come lui possono sperimentare l’altezza, la profondità dell’amore di Dio, rivelatosi in Gesù Cristo. Il suo testamento spirituale è davvero commovente: lui stesso piange, insieme ai suoi cristiani, dando loro l’addio. Ai presbiteri, agli anziani della comunità, dice di vegliare perché il male, la cattiveria, la falsità non si insinui tra loro a rubare quella gioia e quella speranza che il Vangelo, accolto e creduto, ha loro donato (cfr. At 20, 17-38).


    Cambiano la situazioni e le condizioni della vita, ma non cambia il cuore dell’uomo.

    C’è in ciascuno il desiderio di sfruttare al meglio le condizioni in cui uno si trova. Soprattutto i giovani guardano al loro futuro con il desiderio di affermarsi, di conquistare. «Cosa farò, come riuscirò nella vita?». E si fanno sogni e progetti. C’è uno stile tutto nostro nel cercare, che rifugge da una modalità carrieristica, di concorrenza, di competizione, di raccomandazioni e va al cuore della vicenda umana: l’obbedienza a Dio, guidata dallo Spirito.


    Signore cosa vuoi che io faccia, cosa vuoi da me?

    La vita come relazione, una relazione d’amore al Padre, in Gesù, forte del dono dello Spirito, la preghiera, il silenzio, l’ascolto, per cogliere quel «seguimi», che è dono. Così hanno vissuto i santi, facendo propria la missione di Gesù, rendendo la loro piccola storia grande e preziosa, per sé e soprattutto per gli altri. Il vuoto che sperimentiamo, il fallimento di tante presunzioni, la povertà che incalza e stimola a cercare nuovi stili di vita, può essere l’occasione per crescere nella fedeltà a quell’amore che ci ha raggiunti in Cristo Gesù.


    In un mondo diviso e frantumato, schiavo dell’egoismo che riveste di individualismo e di relativismo le proprie espressioni, noi accogliamo il dono dello Spirito che rende sublime la nostra scelta di vivere per gli altri, di essere dono di Dio per i fratelli. Consacriamo la nostra vita alla felicità dei fratelli, senza distinzione. Siamo determinati ad essere al servizio della pace, che diventa ansia, tormento. Sentiamo quasi con violenza quel comando del Signore: «Siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro» (Mt 5, 48), che ci spinge a perdonare, a fare del bene a chi ci odia e ci perseguita.

    La nostra grandezza è nel lusso di poter amare tutti, perché figli di un Dio che si definisce amore.


    Vieni Spirito di Dio, riempi il nostro cuore.


                                                                                       Giovanni Santucci, vescovo